Solidarietà, troppe gelosie...

«Solidarietà, troppe gelosie In Svizzera tutto più facile»

Qui ogni associazione vuole mettere la firma a ogni iniziativa. Oltreconfine invece si collabora!

La Svizzera polo d'attrazione non solo per tanti lavoratori frontalieri di casa nostra e per lavoratori autonomi che lì trovano uno spazio in cui crescere senza eccessivi lacci e lacciuoli, ma anche termine di paragone per associazioni del terzo settore, che in Svizzera riescono a dare e a fare molto di più di quanto farebbero in Italia.

Non riesco a capacitarmi del perché, in Italia, il mondo del terzo settore non riesca a fare rete come si fa in Svizzera - dice Massimo Santucci, presidente dell'Associazione italiana vittime di violenza, con sede a Mantello, ma diramazioni fino in Toscana, a Massa Carrara. lo presiedo questo sodalizio, che si occupa di violenza a 360 gradi ed è stato fondato da Paolo Di Gregorio, di Cino, la cui figlia è morta permano del marito. Io, pur essendo italiano, sto da anni in Svizzera nel Canton Soletta, vivo la realtà del terzo settore e posso dire che qui è tutto molto più semplice ed immediato. E, soprattutto, non ci sono quei diritti di “primogenitura” che noto esserci in Italia. Quel voler mettere, per così dire, la firma a ogni iniziativa. Che, per carità, ci sta, capisco, ma dico soltanto che dove vivo io in Svizzera è diverso. Se un sodalizio promuove una raccolta fondi a scopo benefico, le e altre si aggregano e convintamente partecipano basta, finisce lì. Diventano una cosa sola, tutte per una e una per tutte. Saltano gli steccati.

Cosa che non accade proprio sempre in Italia. Santucci fa riferimento anche alla recente spedizione ad Odessa, in Ucraina, di un furgone carico di medicinali e di beni di prima assistenza destinati a un soldalizio dalizio ucraino da Carlo Orlandi, fotoreporter di Sondrio, in missione su quel teatro di guerra per conto dell’Ansa Éstato Orlandi aprecedere il furgone su cui viaggiavano Massimo Santuccie i due volontari Aivv, Vladimiro Maurutto e Roberto Salini, partito da Mantello il 25 gennaio scorso e giunto ad Odessa dopo 72 ore quasi filate di viaggio.

La consegna. Una specie di odissea conclusasi al meglio, perché la merce è arrivatainteramente a destinazione, consegnata ad un sodalizio del posto. «Questo volevamo - dice Santucci - vedere dove andavano a finire i nostri aiuti», dopodiché i tre volontari hanno fatto dietrofront rientrando in Italia, mentre, Orlandi è rimasto sul posto spostandosi a Kherson, per documentare il conflitto ad un anno dal suo avvio. Tuttavia Santucci, pur soddisfatissimodell'esito della missione, avrebbe forse, sperato in ‘una maggiore collaborazione da parte di sodalizi partner. Noto che fare rete resta sempre difficile in Italia - osserva -e che lo è anche concretizzare azioni di soccorso salvavita. Per esempio, ad Odessa, abbiamo incontrato una donna con tre figli di sei, 10 e 14 anni, una famiglia sfollata che non ha più una propria casa e che necessita assistenza. Ebbene, mi sono messo in contatto telefonico con la casa protetta con cui opero, nel Canton Argau e in 21 minuti esatti abbiamo deciso per il trasferimento del nucleo familiare in Svizzera. Attendiamo solo i documenti, poi potranno partire. Andrò a prenderli io a Zurigo, all'aeroporto, e li metteremo in salvo. Una cosa del genere, in Italia, avrebbe richiesto un lavoro Secondo Santucci, anche la protezione delle vittime di violenza «qualsiasi essa sia precisa - dovrebbe essere gestita in modo centrale dallo Stato, conil coinvolgimento di tutte le Regioni. Perché è assurdo che una donna vittima di violenza a Massa Carrara, venga ospitatain unacasa protetta di Firenze. Dovrebbe uscire almeno dalla regione di appartenenza. In Svizzera è così, invece da noi ogni Regione fa da sé in base a proprie normative, e non va bene».